La passione tra il divino D’Annunzio e la sua governante al centro del romanzo di Chiara Giunta

 Povera piccola Emilie, stregata dal Vate


di Matteo Collura, da Il Corriere della sera, 25-07-03


Emilie Mazoyer e Gabriele D’Annunzio, ovvero l’amore prevedibile ancorché impossibile tra la governante-serva e il divino padrone; o meglio, un amore a senso unico, disperato e letterariamente magnifico come solo le passioni senza speranza sanno essere; o meglio ancora, il classico rapporto tra una sprovveduta contadinella dalle tendenze masochistiche e un marpione, grande poeta, erotomane, con tendenza al sadismo.
Su un rapporto siffatto, realmente esistito tra il "Vate" e la sua governante, Chiara Aurora Giunta ha costruito un romanzo dalla indubbia presa narrativa, carico dell’accesa sensualita’ di cui il mondo dannunziano è pervaso.
Il romanzo è congegnato a incastri e in gran parte affidato a flsh-back il cui Aélis (così ribattezzò la sua governate-preda il Vate; Aélis: "elica compiacente del vortice del piacere…"), morto il suo padrone, durante le ultime incombenze al Vittoriale ripercorre con la memoria le tappe di quella sua esperienza diventata tutta la sua vita, a volte tetra, a volte spaventosamente fredda e inumana, ma sempre inebriante.
Gardone, il Vittoriale, primo marzo 1938, ore 20.30: il Vate, il Comandante, il Maestro è morto. Con il personale della villa (teatro tra i più originali e stravaganti che un artista abbia potuto concepire, più per recitarvi la parte scelta che per umanamente viverci), assieme ad alcune donne che gli furono compagne nella sua fastosa vita, la moglie donna Maria, madame Luisa Baccara, regina della casa, c’è anche lei, la piccola servetta francese dei tempi della prima parigina del Martyre de Saint-Sebastien (1911) e dell’esilio di Arcachon. Emilie, allora poco più che ventenne provinciale della Borgogna calata a Parigi con infatuazioni artistiche tipiche di quell’epoca, era stata assunta dal fedele Antogini come domestica addetta alla persona di Gabriele D’Annunzio, il quale fatalmente le si era mostrato "divino": lei lì, piccola, tremante, subito arresa.
Chiuso Aélis, mi è venuto da pensare a un recente film, Secretary, dell’americano Steven Shainberg, con Maggie Gyllenhaal e James Spader. Una storiella sadomaso tra un avvocato e la sua segretaria, assai simile, nella predisposizione della segretaria a farsi preda del suo psicopatico "principale", a quella tra la piccola Aélis e D’Annunzio. Simile, il film al romanzo, perché fin dal primo incontro, la contadinella cui è toccato il privilegio di servire (in tutti i sensi) un mito vivente, come quella segretaria rimane stregata dal fascino del padrone, rimanendogli fedele fino all’ultimo; e quando la fine arriva, eccola rievocare, nell’attesa che il suo immaginifico eroe scenda nella Sala del Mappamondo per un’ultima cena che non ci sarà, le fasi salienti della sua straordinaria esperienza d’amore.
Attingendo alle sterminate fonti dannunziane, Chiara Aurora Giunta riesce a dipanare abilmente un racconto in prima persona, rendendo viva e credibile un’estasiata, stregata, povera Aélis, protagonista (attiva e passiva) delle imprese erotiche del "divino" Gabriele, arrivando perfino a mimare con piacevole e distaccata ironia il linguaggio dell’Inimitabile.

                    
                                              
leggi il primo capitolo on-line                 oppure                 scaricalo in formato pdf